Dignità, lavoro e disoccupazione
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Dignità, lavoro e disoccupazione

24/03/2023 di Luca Aschei

La  dignità dipende dall’essere vivo. 

Sono uomo, donna, sono nato e questo dovrebbe darmi di per se già dignità. Appartenere al regno dei cieli e della terra è dignitoso. Sono una creatura unica e irripetibile. Questo mi dona dignità, perchè qualcuno delle persone che mi stanno accanto ha il mio pensirero, il mio gruppo, la mia società mi ha riconosciuto. 

Ma se non lavoro? Se non ho nulla da fare e non ho un compito nella società? 


Certo, devo essere conscio del mio valore sul piano morale e devo comportarmi con il contegno adeguato alla dignità che ho di me stesso. Se ho dignità di me stesso, amor proprio, decoro, reputazione e rispettabilità posso sentirmi bene nella società che frequento e dove sono nato. 


Diventa importante considerare il proprio valore morale e conservare questo sentimento verso di se.

Ma se non lavoro come posso avere dignità?

Le religioni hanno sempre sviluppato questo concetto: fare parte di una comunità rende la vita dignitosa. Avere poi un ruolo, un compito nella società dove vivo mi da dignità, qualsiasi ruolo sia.

Ma se non lavoro e non ho soldi come faccio ad avere dignità?


Ora in un periodo storico dove gli attacchi alle religioni, alla spiritualità delle persone e alla loro appartenenza ad un gruppo piuttosto che ad un altro la dignità del genere umano è in fortissimo ribasso. 

Cui prodest? A chi giova attaccare la dignità degli esseri umani? A chi giova avere persone che non appartengono a un gruppo, che non hanno lavoro e non hanno una religione?

A chi giova la disoccupazione? 

Senza dubbio giova a chi ha un gruppo al comando, senza dubbio è una guerra sferrata contro una società in difficoltà e senza dubbio togliere la dignità al popolo è a vantaggio di un altro popolo che vuole essere sovrano, senza dubbio è contro la spiritualità e ancora senza dubbio tolto lo spirito viene tolta ogni dignità.

Non troverò io il colpevole, trovatelo voi, non voglio accusare nessuno, ma desidero far riflettere su chi scientemente  continua a denigrare chi ha dignità di lavoro, chi ha passione e chi si distingue perché ha provato e riprovato per essere utile al mondo.

Chi denigra chi lavora e ha un posto ben preciso nella società, qualsiasi sia, e chi sbandiera ai quattro venti che devi goderti la vita e non lavorare è per me  il colpevole

Ti godrai la vita e sarai felice senza avere un posto utile alla tua società? 
Com’è possibile che accada?

Chi dice che lavorare troppo non è utile a nessuno sbaglia. Sbaglia e fa parte di quel gruppo di persone che vorrebbe tutti senza dignità, senza lavoro e senza felicità per poterli condannare ad una vita automatizzata e chiaramente schiavizzata. Alcuni non sanno quello che dicono e seguono un moda che piano piano si infiltra nei pensieri dei più deboli, che avranno presto problemi di depressione o peggio.

Date ai giovani voglia di avere un ruolo non di godere del nulla o non sopravviveranno.

Chi avrà quindi il potere di offrire un reddito o una specie di ristoro o un qualsiasi sostentamento minimo e quindi gestire l’umanità relegandola dove ritiene, decidendo quanto sia sufficiente per vivere, sbaglia e attacca in modo subdolo tutte e tutti.

Un abominio. Togliere la dignità del lavoro e offrire un reddito universale è un abominio contro la libertà, contro il genere umano e contro la dignità.

Se sono disoccupato e qualcuno mi assiste per sempre senza stimolarmi a trovare lavoro, senza stimolarmi a capire qual è il mio posto nel mondo mi toglie dignità. 

Sono altre le forme di assistenza: La formazione, la Long Life Learning o formazione continua, i corsi finanziati per i disoccupati offerti fino a che non si trova la propria strada e naturalmente offerti in continuità solo verso chi, come fascia debole conclamata, non può avere altre possibilità di trovare solo la strada.

Formare e offrire corsi affinché le persone trovino la loro via e aiutarle ad aprire imprese, a commerciare, a unirsi in cooperative o creare start up. Lavorare trovando un posto dignitoso nella loro società per la propria dignità e quella della propria famiglia. 

Per questo ci vuole una classe docente forte, con capacità, una classe docente che non ha ripiegato al quel ruolo per necessità, una classe docente formata a sua volta e con il desiderio di insegnare. Migliaia di classi pollaio vorrei ma con docenti capaci, innamorati del loro mestiere e della loro materia. Non piccole clessi con docenti distrutti dalla burocrezia e dai protocolli.

Voglio ragazzi che piangano all'usciota di scuola e ridano all'entrata non viceversa come accade ora. Voglio che i corsisti dicano: "Mi dispiace sia finito questo corso non vedo l'ora di ricominciare."

Queste differenze le fanno il metodo e gli insegnanti, liberi di insegnare e naturalmente con il giusto compenso che non è certo quello di ora.

Basta con l’appiattimento e basta con il “sei politico” nelle scuole come negli anni settanta. 
Negli ultimi anni questo stile di conduzione della vita ha prodotto un’Italia che ha perso valore, che ha perso industrie e ha generato un serie di nullafacenti che non trovano dignità dal loro ruolo perché istigati, continuamente istigati a pensare che lavorare non è un valore e spesso anche istigati nel caso avessero già un lavoro a farlo male, a lavorare male. 

SI deve ri modificare il paradigma e apprezzare chi lavora. Si deve apprezzare chi si è trovato un posto nella società e apprezzare gli imprenditori, coloro che lavorano per l piacere di farlo e bisogna portare a modello quelli che ce l’hanno fatta perché tutti possiamo farcela se ci si impegna con dignità e onore. 

Certo è che se molti ce la fanno, i furbi che fanno finta di aiutare i deboli perdono il posto, ma non sarà un danno per la società.

 


Dignità, lavoro e disoccupazione

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Alcuni spingono per una vita senza dignità. Chi?